«Piero Calamandrei nacque come scrittore politico nel 1944, a cinquantacinque anni». Oggi il nostro giudizio può essere meno perentorio di questo con cui, nel 1966, Norberto Bobbio aprì la sua introduzione agli Scritti e discorsi politici di Calamandrei. I documenti che qui presentiamo ci consentono di retrodatare quella nascita a quasi trent’anni prima e collocarla all’interno di un’altra fase della storia d’Italia, ugualmente cruciale per le sorti del paese e per le biografie di coloro che la attraversarono. La Grande Guerra rappresenta per il giovane Calamandrei – come per molti della sua generazione – un tornante decisivo, un momento di crescita e di autorivelazione, di vera e propria scoperta di sé e delle proprie vocazioni: al fronte, quale ufficiale dell’esercito, sperimenta l’arte del comando all’interno di un organismo complesso e in rapida trasformazione; impara a conoscere gli uomini, il loro animo, gli ambienti da cui provengono; incontra i contadini e gli operai, cioè le masse popolari da cui la vita civile e la cultura prebellica lo avevano tenuto lontano; si scopre brillante avvocato nei tribunali militari e capace organizzatore culturale nei servizi di propaganda; fa il suo apprendistato come oratore, prima mitografo delle ragioni della guerra e poi organizzatore della sua memoria. E’ nell’intorno della Grande Guerra che Calamandrei comincia a costruire la sintassi della sua prosa civile, a definire un repertorio di temi e di immagini, uno stile e un timbro inconfondibili, che riaffioreranno e si affermeranno dopo un lungo inabissamento, al tempo della sua seconda nascita alla politica. La possibilità che oggi abbiamo di avvicinarci a quell’esperienza affiancando lettere private e pubblici discorsi, scritture intime e documenti ufficiali, permette innanzi tutto di comprendere meglio la personalità di Piero Calamandrei, le sue ambivalenze e i suoi chiaroscuri, l’inesausta dialettica segreta tra posizioni pubbliche e private in cui si esprime il suo modo peculiare di stare nella storia, che attraverserà il fascismo e riemergerà anch’essa – problematicamente – quasi trent’anni più tardi, in rapporto alla Resistenza. Ma avere sotto gli occhi il repertorio di scena e di retroscena di Calamandrei offre anche altre opportunità: di indagare in una nuova luce il processo generativo di quella “religione civile” che è il suo lascito più cospicuo, e anzi ancora vivo e operante; di capire, quindi, come avvengono – o non avvengono – i passaggi di memoria tra le generazioni e dove si collocano i continui e sottili rimandi tra sfera pubblica e privata; di riconoscere, infine, che la “politica” si costruisce proprio laddove essa non si dichiara come tale, così come la storia delle idee non può prescindere – in ultima istanza – dalle biografie degli individui.

Introduzione

CASELLATO, Alessandro
2006-01-01

Abstract

«Piero Calamandrei nacque come scrittore politico nel 1944, a cinquantacinque anni». Oggi il nostro giudizio può essere meno perentorio di questo con cui, nel 1966, Norberto Bobbio aprì la sua introduzione agli Scritti e discorsi politici di Calamandrei. I documenti che qui presentiamo ci consentono di retrodatare quella nascita a quasi trent’anni prima e collocarla all’interno di un’altra fase della storia d’Italia, ugualmente cruciale per le sorti del paese e per le biografie di coloro che la attraversarono. La Grande Guerra rappresenta per il giovane Calamandrei – come per molti della sua generazione – un tornante decisivo, un momento di crescita e di autorivelazione, di vera e propria scoperta di sé e delle proprie vocazioni: al fronte, quale ufficiale dell’esercito, sperimenta l’arte del comando all’interno di un organismo complesso e in rapida trasformazione; impara a conoscere gli uomini, il loro animo, gli ambienti da cui provengono; incontra i contadini e gli operai, cioè le masse popolari da cui la vita civile e la cultura prebellica lo avevano tenuto lontano; si scopre brillante avvocato nei tribunali militari e capace organizzatore culturale nei servizi di propaganda; fa il suo apprendistato come oratore, prima mitografo delle ragioni della guerra e poi organizzatore della sua memoria. E’ nell’intorno della Grande Guerra che Calamandrei comincia a costruire la sintassi della sua prosa civile, a definire un repertorio di temi e di immagini, uno stile e un timbro inconfondibili, che riaffioreranno e si affermeranno dopo un lungo inabissamento, al tempo della sua seconda nascita alla politica. La possibilità che oggi abbiamo di avvicinarci a quell’esperienza affiancando lettere private e pubblici discorsi, scritture intime e documenti ufficiali, permette innanzi tutto di comprendere meglio la personalità di Piero Calamandrei, le sue ambivalenze e i suoi chiaroscuri, l’inesausta dialettica segreta tra posizioni pubbliche e private in cui si esprime il suo modo peculiare di stare nella storia, che attraverserà il fascismo e riemergerà anch’essa – problematicamente – quasi trent’anni più tardi, in rapporto alla Resistenza. Ma avere sotto gli occhi il repertorio di scena e di retroscena di Calamandrei offre anche altre opportunità: di indagare in una nuova luce il processo generativo di quella “religione civile” che è il suo lascito più cospicuo, e anzi ancora vivo e operante; di capire, quindi, come avvengono – o non avvengono – i passaggi di memoria tra le generazioni e dove si collocano i continui e sottili rimandi tra sfera pubblica e privata; di riconoscere, infine, che la “politica” si costruisce proprio laddove essa non si dichiara come tale, così come la storia delle idee non può prescindere – in ultima istanza – dalle biografie degli individui.
2006
Zona di guerra. Lettere, scritti e discorsi (1915-1924)
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