Tipico esempio di quelle forme primarie di scrittura dell’io al centro delle quali si colloca lo scrivente impegnato a svolgere un racconto veridico su di sé, il diario di Mary Shelley ha tutte le caratteristiche del journal intime. Esempio di scrittura estemporanea scevra da preoccupazioni stilistiche e da ambizioni letterarie, è studio psicologico, connesso ai problemi della memoria, della costruzione della personalità e dell’autoanalisi e insieme registrazione di eventi quotidiani minimi, anche quelli più insignificanti. Il secondo volume, intitolato significativamente The Journal of Sorrow, è la cronaca non più trattenuta di una vita emotiva all’insegna del rimpianto, della solitudine, della disperazione, ma soprattutto dalla perdita. Ma più ancora della spontaneità, la caratteristica più saliente di questa scrittura a mezzo fra cronaca, memoria, appunto, riflessione autobiografica è la dimensione della segretezza. Pur nelle sue reticenze, nella sua incompletezza e frammentarietà, il diario si configura come un documento prezioso per ricostruire la biografia umana, intellettuale e spirituale della scrivente. L’immagine dell’io che le annotazioni diaristiche restituiscono è quella sì di una soggettività tormentata che a fatica emerge dalle rovine e dai naufragi del passato, una femminilità infinita, dolorosa e separata, ma essa è anche la rappresentazione di un io in movimento, colto in una dimensione evolutiva e trasformativa.

The Journal of Sorrow di Mary Shelley

M. Vanon Alliata
2009-01-01

Abstract

Tipico esempio di quelle forme primarie di scrittura dell’io al centro delle quali si colloca lo scrivente impegnato a svolgere un racconto veridico su di sé, il diario di Mary Shelley ha tutte le caratteristiche del journal intime. Esempio di scrittura estemporanea scevra da preoccupazioni stilistiche e da ambizioni letterarie, è studio psicologico, connesso ai problemi della memoria, della costruzione della personalità e dell’autoanalisi e insieme registrazione di eventi quotidiani minimi, anche quelli più insignificanti. Il secondo volume, intitolato significativamente The Journal of Sorrow, è la cronaca non più trattenuta di una vita emotiva all’insegna del rimpianto, della solitudine, della disperazione, ma soprattutto dalla perdita. Ma più ancora della spontaneità, la caratteristica più saliente di questa scrittura a mezzo fra cronaca, memoria, appunto, riflessione autobiografica è la dimensione della segretezza. Pur nelle sue reticenze, nella sua incompletezza e frammentarietà, il diario si configura come un documento prezioso per ricostruire la biografia umana, intellettuale e spirituale della scrivente. L’immagine dell’io che le annotazioni diaristiche restituiscono è quella sì di una soggettività tormentata che a fatica emerge dalle rovine e dai naufragi del passato, una femminilità infinita, dolorosa e separata, ma essa è anche la rappresentazione di un io in movimento, colto in una dimensione evolutiva e trasformativa.
2009
Diari di guerra e di pace
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