Mettendo in evidenza che il contenuto reale della nietzscheana "morte di Dio" riguarda soprattutto l’ateismo "metodico" di Nietzsche, con cui si distacca dal borghese autocompiacimento della sua epoca ispirandosi soprattutto all’esegesi biblica e alle scienze della natura, l’articolo dimostra quanto l’orrore con cui Nietzsche percepisce la perdita della fede in Dio sia compreso come inizio di un inevitabile nichilismo in cui approda la visione darwinistica della natura e del caotico caso che la pervade. È, dunque, la "veridicità" della coscienza, che "sublimandosi" nella modernità in coscienza scientifica o in onestà intellettuale, a "trionfare" sul Dio cristiano e a rendere obsoleta ogni visione teleologica del mondo, esigendo l’auto-soppressione della religione e la confutazione dell’esistenza di Dio come dell’ordine morale universale. Dall’analisi dei molteplici significati della "morte di Dio" in Nietzsche emerge, però, che dopo il significato mitologico-pagano e il significato anti-cristiano si rivela anche un terzo significato "originariamente cristiano". Non solo, cioè, Nietzsche opera, nello "Zarathustra", nel senso di un'"anti-teodicea" e spiega la "morte di Dio" attraverso la parabola dell'"uomo folle" che ci scopre "assassini" di Dio, ma esprime con sublime ambivalenza tra dolore ed esaltazione per la morte di Dio anche profonda nostalgia e malinconia. Proprio, appunto, per onestà intellettuale, nonostante il massimo sconvolgimento provocato dalla scomparsa di Dio, quando l’uomo folle si riconosce come possibile distruttore dell’eterno in sé e sopra di sé, Nietzsche però nega ogni possibilità di ritorno al cristianesimo, la cui perdita viene comunque percepita come la vera catastrofe. A questa catastrofe l’uomo nietzscheano cerca di sopravvivere come nuovo legislatore di sé privandosi definitivamente, con un "mai più", in nome della ragione "libera", di ogni possibile "preghiera". Così la proclamazione della "morte di Dio" sembra voler contrastare il profondo spavento vissuto davanti all’abisso creato dall’uccisione di Dio. In questo modo, però, sullo sfondo del violento e deciso gesto anti-metafisico di Nietzsche si avverte "ex negativo" anche la sofferenza di un distacco forzato dall’origine cristiana che lo sorreggeva.

Sulla morte di Dio in Nietzsche

FABER, Beatrix Ursula Betti
2010-01-01

Abstract

Mettendo in evidenza che il contenuto reale della nietzscheana "morte di Dio" riguarda soprattutto l’ateismo "metodico" di Nietzsche, con cui si distacca dal borghese autocompiacimento della sua epoca ispirandosi soprattutto all’esegesi biblica e alle scienze della natura, l’articolo dimostra quanto l’orrore con cui Nietzsche percepisce la perdita della fede in Dio sia compreso come inizio di un inevitabile nichilismo in cui approda la visione darwinistica della natura e del caotico caso che la pervade. È, dunque, la "veridicità" della coscienza, che "sublimandosi" nella modernità in coscienza scientifica o in onestà intellettuale, a "trionfare" sul Dio cristiano e a rendere obsoleta ogni visione teleologica del mondo, esigendo l’auto-soppressione della religione e la confutazione dell’esistenza di Dio come dell’ordine morale universale. Dall’analisi dei molteplici significati della "morte di Dio" in Nietzsche emerge, però, che dopo il significato mitologico-pagano e il significato anti-cristiano si rivela anche un terzo significato "originariamente cristiano". Non solo, cioè, Nietzsche opera, nello "Zarathustra", nel senso di un'"anti-teodicea" e spiega la "morte di Dio" attraverso la parabola dell'"uomo folle" che ci scopre "assassini" di Dio, ma esprime con sublime ambivalenza tra dolore ed esaltazione per la morte di Dio anche profonda nostalgia e malinconia. Proprio, appunto, per onestà intellettuale, nonostante il massimo sconvolgimento provocato dalla scomparsa di Dio, quando l’uomo folle si riconosce come possibile distruttore dell’eterno in sé e sopra di sé, Nietzsche però nega ogni possibilità di ritorno al cristianesimo, la cui perdita viene comunque percepita come la vera catastrofe. A questa catastrofe l’uomo nietzscheano cerca di sopravvivere come nuovo legislatore di sé privandosi definitivamente, con un "mai più", in nome della ragione "libera", di ogni possibile "preghiera". Così la proclamazione della "morte di Dio" sembra voler contrastare il profondo spavento vissuto davanti all’abisso creato dall’uccisione di Dio. In questo modo, però, sullo sfondo del violento e deciso gesto anti-metafisico di Nietzsche si avverte "ex negativo" anche la sofferenza di un distacco forzato dall’origine cristiana che lo sorreggeva.
2010
1
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