Analisi di una forma originale di memoria storica nel genere letterario del romanzo. Ogni volta che si evocano situazioni coinvolgenti dal punto di vista emotivo, etico e storico-politico, la rappresentazione è organizzata attraverso scene in cui domina l'immagine a scapito della diegesi. Il precedente estetico di questa visualizzazione del dolore, debitrice alla trasposizione di rappresentazioni pittoriche e di scenari onirici, si trova già in "Ardor guerrero. Una memoria militar" (1995), fitto di esperienze traumatiche dell'autore empirico. Questa sua tipica maniera di narrare mostrando è ripreso e allargato con molte varianti nel romanzo "Sefarad" (2001), il cui sottotitolo - "Una novela de novelas" - annuncia fin dall'inizio il carattere frammentario, eterogeneo, intertestuale, transculturale e metanarrativo dell'opera. Le esperienze più traumatiche della guerra civile spagnola, dell'olocausto, del gulag e di ogni altra forma di esilio forzato, compresa l'espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492, sono raccontate più in forma di visioni che di analisi: visioni basate sulla fenomenologia della percezione in cui il corpo è messo al centro di ogni esperienza. Convinto che un'immagine valga più di molte parole, Antonio Muñoz Molina accantona la consequenzialità della trama, legata alla certezza del saper narrare la verità, e giustappone una selezione di memorie in cui domina l'immagine dialettica teorizzata da Walter Benjamin e ripresa recentemente da Georges Didi-Huberman con il nome di immagine-sintomo, vale a dire l’immagine capace di far affiorare latenze che si intrecciano alle competenze semiotiche. A questa ermeneutica altamente soggettiva e simbolica è attribuita anche l'immagine di un quadro di Velázquez della Hispanic Society di New York, riprodotta a colori alla fine dell'opera. Il lettore diventa così anche spettatore, cambiando il suo status tradizionale di destinatario di un testo soltanto verbale. Il ritratto della misteriosa bambina, che incrocia il suo sguardo con quello di ogni spettatore (fittizio o empirico) nella prospettiva aperta dalla cosiddetta "svolta iconica", evoca una molteplicità di cronotopi. Ne risulta una conoscenza ambigua e aperta che mette in discussione il ruolo del narratore, il quale con diverse forme di pronominalizzazioni (io, tu, noi ecc.) qui si fa carico delle sofferenze altrui, diventandone il portavoce dolente che non si erge a giudice del male, ma invita a non dimenticarlo.

Escenas de la memoria en Antonio Muñoz Molina: de "Ardor guerrero" a "Sefarad"

PITTARELLO, Elide
2012-01-01

Abstract

Analisi di una forma originale di memoria storica nel genere letterario del romanzo. Ogni volta che si evocano situazioni coinvolgenti dal punto di vista emotivo, etico e storico-politico, la rappresentazione è organizzata attraverso scene in cui domina l'immagine a scapito della diegesi. Il precedente estetico di questa visualizzazione del dolore, debitrice alla trasposizione di rappresentazioni pittoriche e di scenari onirici, si trova già in "Ardor guerrero. Una memoria militar" (1995), fitto di esperienze traumatiche dell'autore empirico. Questa sua tipica maniera di narrare mostrando è ripreso e allargato con molte varianti nel romanzo "Sefarad" (2001), il cui sottotitolo - "Una novela de novelas" - annuncia fin dall'inizio il carattere frammentario, eterogeneo, intertestuale, transculturale e metanarrativo dell'opera. Le esperienze più traumatiche della guerra civile spagnola, dell'olocausto, del gulag e di ogni altra forma di esilio forzato, compresa l'espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492, sono raccontate più in forma di visioni che di analisi: visioni basate sulla fenomenologia della percezione in cui il corpo è messo al centro di ogni esperienza. Convinto che un'immagine valga più di molte parole, Antonio Muñoz Molina accantona la consequenzialità della trama, legata alla certezza del saper narrare la verità, e giustappone una selezione di memorie in cui domina l'immagine dialettica teorizzata da Walter Benjamin e ripresa recentemente da Georges Didi-Huberman con il nome di immagine-sintomo, vale a dire l’immagine capace di far affiorare latenze che si intrecciano alle competenze semiotiche. A questa ermeneutica altamente soggettiva e simbolica è attribuita anche l'immagine di un quadro di Velázquez della Hispanic Society di New York, riprodotta a colori alla fine dell'opera. Il lettore diventa così anche spettatore, cambiando il suo status tradizionale di destinatario di un testo soltanto verbale. Il ritratto della misteriosa bambina, che incrocia il suo sguardo con quello di ogni spettatore (fittizio o empirico) nella prospettiva aperta dalla cosiddetta "svolta iconica", evoca una molteplicità di cronotopi. Ne risulta una conoscenza ambigua e aperta che mette in discussione il ruolo del narratore, il quale con diverse forme di pronominalizzazioni (io, tu, noi ecc.) qui si fa carico delle sofferenze altrui, diventandone il portavoce dolente che non si erge a giudice del male, ma invita a non dimenticarlo.
2012
La memoria novelada. Hibridación de géneros y metaficción en la novela española sobre la guerra civil y el franquismo (2000-2010)
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