Nei tempi “post-moderni” Kierkegaard ha conosciuto un’indubbia fortuna. Sembra, infatti, che lo scrittore danese abbia colto appieno l’esigenza di dare più spazio al soggetto e all’individualità “ineffabile” del singolo, un’esigenza che nasce anche dalla stanchezza in cui oramai sente di doversi congedare da tradizioni normative e modi di pensare troppo astratti divenuti semplicemente pesanti e ingombranti. Nasce, però, il dubbio che l’intento di Kierkegaard di sgombrare il campo dai relitti dell’idealismo assoluto in questo modo non viene compreso del tutto. Emerge, infatti, dalla indagine condotta che soprattutto nella concezione del “religioso”, cioè dei modi in cui l'uomo possa relazionarsi al divino, Kierkegaard propone una visione del tutto “inattuale”. Le sue rappresentazioni di religiosità risultano essere di estrema sfida; sfidano, infatti, ad una esasperazione dell’umano che si avverte quasi come insorportabile. Nella sua declinazione delle figure di Abramo e Isacco e del credente cristiano Kierkegaard dipinge il contrasto tra esistenza “etica” e esistenza “religiosa” con tinte tanto forti da far sembrare la scelta della fede l’audace eccezione da ogni realtà “normale”. Nel suo estremismo la concezione kierkegaardiana potrebbe, però, dare un’autentica scossa correttiva e scuotere la calma solo apparente con cui la coscienza post-moderna spesso disconosce la produttiva inquietudine nel rapporto tra finitezza e infinito che spinge l’uomo a diventare se stesso.

L'inattualità del religioso in Kierkegaard

FABER, Beatrix Ursula Betti
2002-01-01

Abstract

Nei tempi “post-moderni” Kierkegaard ha conosciuto un’indubbia fortuna. Sembra, infatti, che lo scrittore danese abbia colto appieno l’esigenza di dare più spazio al soggetto e all’individualità “ineffabile” del singolo, un’esigenza che nasce anche dalla stanchezza in cui oramai sente di doversi congedare da tradizioni normative e modi di pensare troppo astratti divenuti semplicemente pesanti e ingombranti. Nasce, però, il dubbio che l’intento di Kierkegaard di sgombrare il campo dai relitti dell’idealismo assoluto in questo modo non viene compreso del tutto. Emerge, infatti, dalla indagine condotta che soprattutto nella concezione del “religioso”, cioè dei modi in cui l'uomo possa relazionarsi al divino, Kierkegaard propone una visione del tutto “inattuale”. Le sue rappresentazioni di religiosità risultano essere di estrema sfida; sfidano, infatti, ad una esasperazione dell’umano che si avverte quasi come insorportabile. Nella sua declinazione delle figure di Abramo e Isacco e del credente cristiano Kierkegaard dipinge il contrasto tra esistenza “etica” e esistenza “religiosa” con tinte tanto forti da far sembrare la scelta della fede l’audace eccezione da ogni realtà “normale”. Nel suo estremismo la concezione kierkegaardiana potrebbe, però, dare un’autentica scossa correttiva e scuotere la calma solo apparente con cui la coscienza post-moderna spesso disconosce la produttiva inquietudine nel rapporto tra finitezza e infinito che spinge l’uomo a diventare se stesso.
2002
Il religioso in Kierkegaard. Atti del convegno di studi organizzato dalla Società Italiana per gli Studi Kierkegaardiani tenutosi dal 14 al 16 dicembre 2000 a Venezia
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