La chiesa di San Zulian sorge a pochi passi da piazza San Marco forse già nel lontano IX secolo. Interamente ricostruita dopo il 1105, quando un incendio l’aveva letteralmente devastata, l’edificio è di nuovo in rovina nel 1553. Interviene allora il celebre medico Tommaso Rangone da Ravenna, in cerca di un luogo – un altro – che potesse perpetuarne la memoria presso i posteri. Grazie alle ingenti donazioni messe a disposizione dal generoso finanziatore, cui sarà concesso in cambio il diritto di sepoltura presso la cappella maggiore, la facciata e poi l’edificio tutto quanto vengono interamente ricostruiti su progetto di Jacopo Sansovino. Così la statua bronzea di Tommaso, opera di Alessandro Vittoria, con in mano un ramo di salsapariglia e uno di guaiaco (le piante medicinali deputate, secondo le sue scoperte, alla cura della sifilide), finisce per trionfare sul portale maggiore di San Zulian. Se di queste vicende si sono occupati in molti, quasi nulla si sapeva del contesto socio-culturale in cui rinacque uno degli edifici più interessanti della Venezia del Cinquecento. Chi erano i membri della comunità di San Zulian? Chi sedeva tra i banchi del Santissimo Sacramento o della scuola dei Merciai? Chi fra i «zentilhomeni» e «i più i vechi et degni» cittadini della parrocchia era stato prescelto per la carica a vita di procuratore di chiesa? Chi contribuì alle vaste imprese decorative che videro attivi alcuni tra i più importanti pittori, scultori e architetti dell’epoca? E chi tenne le fila di questa gigantesca «opera corale», in cui la pittura sembra talvolta relegata a un rango inferiore? Attraverso uno spoglio meticoloso dell’archivio di San Zulian e alcune preziose carte dell’Archivio di Stato di Venezia e attraverso una lettura attenta delle opere d’arte ancora in situ, che spesso rivelano ciò che i documenti tacciono, sono stati ricostruiti nel dettaglio il contesto di alcune delle confraternite presenti in chiesa, il funzionamento dell’immenso cantiere che occupò la comunità parrocchiale per almeno una trentina d’anni, i meccanismi di finanziamento delle imprese artistiche, il ruolo della comunità bergamasca e quello di almeno un altro praticamente sconosciuto mecenate, che da quella comunità proveniva, Gerolamo Vignola.

La chiesa di San Zulian a Venezia nel Cinquecento. Dalla ricostruzione sansoviniana alle grandi imprese decorative di fine secolo

Valentina Sapienza
2018-01-01

Abstract

La chiesa di San Zulian sorge a pochi passi da piazza San Marco forse già nel lontano IX secolo. Interamente ricostruita dopo il 1105, quando un incendio l’aveva letteralmente devastata, l’edificio è di nuovo in rovina nel 1553. Interviene allora il celebre medico Tommaso Rangone da Ravenna, in cerca di un luogo – un altro – che potesse perpetuarne la memoria presso i posteri. Grazie alle ingenti donazioni messe a disposizione dal generoso finanziatore, cui sarà concesso in cambio il diritto di sepoltura presso la cappella maggiore, la facciata e poi l’edificio tutto quanto vengono interamente ricostruiti su progetto di Jacopo Sansovino. Così la statua bronzea di Tommaso, opera di Alessandro Vittoria, con in mano un ramo di salsapariglia e uno di guaiaco (le piante medicinali deputate, secondo le sue scoperte, alla cura della sifilide), finisce per trionfare sul portale maggiore di San Zulian. Se di queste vicende si sono occupati in molti, quasi nulla si sapeva del contesto socio-culturale in cui rinacque uno degli edifici più interessanti della Venezia del Cinquecento. Chi erano i membri della comunità di San Zulian? Chi sedeva tra i banchi del Santissimo Sacramento o della scuola dei Merciai? Chi fra i «zentilhomeni» e «i più i vechi et degni» cittadini della parrocchia era stato prescelto per la carica a vita di procuratore di chiesa? Chi contribuì alle vaste imprese decorative che videro attivi alcuni tra i più importanti pittori, scultori e architetti dell’epoca? E chi tenne le fila di questa gigantesca «opera corale», in cui la pittura sembra talvolta relegata a un rango inferiore? Attraverso uno spoglio meticoloso dell’archivio di San Zulian e alcune preziose carte dell’Archivio di Stato di Venezia e attraverso una lettura attenta delle opere d’arte ancora in situ, che spesso rivelano ciò che i documenti tacciono, sono stati ricostruiti nel dettaglio il contesto di alcune delle confraternite presenti in chiesa, il funzionamento dell’immenso cantiere che occupò la comunità parrocchiale per almeno una trentina d’anni, i meccanismi di finanziamento delle imprese artistiche, il ruolo della comunità bergamasca e quello di almeno un altro praticamente sconosciuto mecenate, che da quella comunità proveniva, Gerolamo Vignola.
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