Nel corso degli ultimi decenni, molte città hanno sostenuto ingenti investimenti per finanziare la costruzione di centri artistici e culturali nel tentativo di migliorare la propria attrattività turistica o per riqualificare urbanisticamente quartieri o zone altamente degradate (Lazzeretti 2003; McCarthy 2005; Bagwell 2008). In particolare, molti governi locali in Europa hanno commissionato la progettazione o la ristrutturazione di nuovi centri artistici ad architetti di prestigio del calibro di Norman Foster, Santiago Calatrava, Renzo Piano usando l’iconicità di questi edifici come strumento di marketing territoriale e di rinnovamento dell’immagine urbana (Stephens 1999; Plaza 2000a e 2000b). L’importanza di tale fenomeno è evidenziata dal grafico della figura 1 che rappresenta il numero di nuove aperture di centri culturali “iconici” dedicati solamente allo spettacolo dal vivo e all’intrattenimento. Negli ultimi 15 anni in Europa ne sono stati inaugurati 38, in media più di 2 all’anno. È un dato di fatto che questi nuovi centri (che assumono le caratteristiche di vere e proprie cultural factory multifunzionali per le arti e l’intrattenimento) possono potenzialmente generare esternalità positive sulla città oltre a svolgere un ruolo di catalizzatore all’interno della comunità locale rafforzandone l’identità e il capitale sociale (Strom 2002b; Miles 2005; Chapain e De Propris 2009; Smith e Strand 2011). Mentre la maggior parte degli studi che hanno indagato tale fenomeno si sono concentrati sulla valutazione degli impatti economici e sociali sul territorio locale, meno frequenti sono stati gli studi che hanno cercato di approfondire le modalità in base alle quali queste nuove fabbriche della cultura sono gestite. Obiettivo dell’articolo è di colmare questa lacuna, esplorando le somiglianze tra sei compound culturali, analizzando e confrontando le loro strutture di governo e di gestione aziendale. Lo studio si concentra su centri culturali denominati “iconici” in quanto progettati da architetti di fama internazionale e destinati ad avere un impatto decisivo non solo a livello locale ma anche regionale o nazionale. Inoltre, per ragioni di comparabilità, l’attenzione si concentrerà sui centri che offrono spettacoli dal vivo e di intrattenimento.

Cultural Factory tra Iconicità e Management: un Benchmarking Europeo

Cancellieri G.
;
2015-01-01

Abstract

Nel corso degli ultimi decenni, molte città hanno sostenuto ingenti investimenti per finanziare la costruzione di centri artistici e culturali nel tentativo di migliorare la propria attrattività turistica o per riqualificare urbanisticamente quartieri o zone altamente degradate (Lazzeretti 2003; McCarthy 2005; Bagwell 2008). In particolare, molti governi locali in Europa hanno commissionato la progettazione o la ristrutturazione di nuovi centri artistici ad architetti di prestigio del calibro di Norman Foster, Santiago Calatrava, Renzo Piano usando l’iconicità di questi edifici come strumento di marketing territoriale e di rinnovamento dell’immagine urbana (Stephens 1999; Plaza 2000a e 2000b). L’importanza di tale fenomeno è evidenziata dal grafico della figura 1 che rappresenta il numero di nuove aperture di centri culturali “iconici” dedicati solamente allo spettacolo dal vivo e all’intrattenimento. Negli ultimi 15 anni in Europa ne sono stati inaugurati 38, in media più di 2 all’anno. È un dato di fatto che questi nuovi centri (che assumono le caratteristiche di vere e proprie cultural factory multifunzionali per le arti e l’intrattenimento) possono potenzialmente generare esternalità positive sulla città oltre a svolgere un ruolo di catalizzatore all’interno della comunità locale rafforzandone l’identità e il capitale sociale (Strom 2002b; Miles 2005; Chapain e De Propris 2009; Smith e Strand 2011). Mentre la maggior parte degli studi che hanno indagato tale fenomeno si sono concentrati sulla valutazione degli impatti economici e sociali sul territorio locale, meno frequenti sono stati gli studi che hanno cercato di approfondire le modalità in base alle quali queste nuove fabbriche della cultura sono gestite. Obiettivo dell’articolo è di colmare questa lacuna, esplorando le somiglianze tra sei compound culturali, analizzando e confrontando le loro strutture di governo e di gestione aziendale. Lo studio si concentra su centri culturali denominati “iconici” in quanto progettati da architetti di fama internazionale e destinati ad avere un impatto decisivo non solo a livello locale ma anche regionale o nazionale. Inoltre, per ragioni di comparabilità, l’attenzione si concentrerà sui centri che offrono spettacoli dal vivo e di intrattenimento.
2015
5 (ottobre/novembre)
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