Il fronte speculare di una società che presenta i caratteri della complessità, quale quella in cui viviamo, non può che essere un pensiero capace di “concepire” e di “gestire” siffatta complessità. Tale pensiero, che, come specifica Morin, si connota come complesso esso stesso, pone, quali suoi postulati di base il dinamismo, l’ologrammaticità, le ricorrenze, la retroattività, la dialogicità, l’incompletezza e la flessibilità. Quest’ultima, in particolare, si esplica nell’acquisizione della capacità di transfer, da intendersi sia come capacità di apprendere in contesti nuovi che comportino una rivisitazione in chiave critica delle strutture di conoscenza pregresse, che come utilizzo di conoscenze e di abilità in contesti d’uso diversi da quelli iniziali. Essa soddisfa, inoltre, un’esigenza assurta già ad emergenza culturale: rispondere nell’immediato a situazioni nuove, impreviste e composite con decisioni efficaci ed efficienti. Duttilità alla revisione, alla tra(n)sformazione, alla rimediazione dei significati diventano, così, l’altra faccia della medaglia di un processo di organizzazione delle conoscenze che va concepito come un dinamico gioco di equilibri tra la costruzione di strutture di conoscenza stabili, da un lato, e, specularmente, la decostruzione e la ricostruzione delle stesse lungo nuove coordinate, dall’altro, secondo un movimento che fa seguire ordine a ordine, ma in maniera creativa, innovativa, alter-nativa, che nasce, cioè, da situazioni diverse di utilizzo di una medesima informazione in risposta alle esigenze di contesti d’uso e di elaborazione del pensiero in continuo mutamento, sempre pronti a mettere in discussione ciò che è dato, a ripensarlo altrove, a riproporlo ‘altro’. Intesa, dunque, quale attitudine a interconnettere e a ricontestualizzare, la flessibilità diventa cifra distintiva del pensiero complesso, che è, se non essenzialmente, quantomeno prioritariamente, un pensiero flessibile. Rispetto a tali obiettivi, il concetto di intelligenza si arricchisce di una connotazione nuova: sotto la pressione coattiva dell’urgenza di non soccombere alla complessità, occorre, infatti, ampliare ulteriormente la nozione di adattamento della biologia evolutiva (in riferimento alla quale si traduce esclusivamente nella capacità di disporre di una serie di azioni e di stati per reagire alle difficoltà presentate dall’ambiente) per includere, quali obiettivi imprescindibili per l’uomo, non più solamente, come già assodato, quello di una coerente organizzazione concettuale del mondo per come lo si sperimenta, ma anche quello di una gestione flessibile delle strutture di conoscenza, che consenta al soggetto di appropriarsi dei molteplici livelli di analisi e di spiegazione di uno stesso fenomeno. Scopo del lavoro di ricerca è verificare se, in considerazione delle ‘emergenze’ del tempo storico e del contesto sociale, sia possibile far assurgere la flessibilità a categoria fondamentale di una Pedagogia che riconosca, quale sua finalità prioritaria, quella di fornire al soggetto la ‘strumentazione cognitiva’ adeguata a orientarsi nel mondo complesso. Il volume si offre al lettore, pertanto, quale contributo, sia sotto il profilo metodologico che dell’elaborazione teorica, alla riflessione su questo nuovo versante di indagine della ricerca pedagogica che, alla luce di tali premesse, si trova nella condizione di dovere ripensare criticamente i modi in cui la conoscenza è rappresentata, i processi che su tali rappresentazioni mentali operano e, infine, gli ambienti che consentono che i medesimi aspetti della conoscenza vengano presentati in una varietà di modi e per una varietà di scopi differenti. A tal fine, lo studio illustra, ricostruendone la genesi anche sotto il profilo storico, alcuni aspetti fondanti dell’orientamento teorico generale noto come Teoria della Flessibilità Cognitiva, elaborato da Rand Spiro, il cui scopo precipuo è quello di insegnare la complessità in modo cognitivamente trattabile, preparando gli studenti ad essere pensatori adattivi, flessibili, appunto, anche grazie al supporto di strumenti cognitivi che avviino e facilitino il pensiero critico e il raggiungimento di mete di apprendimento avanzato, quali la padronanza di concetti complessi e la capacità di usare le conoscenze acquisite in situazioni che differiscono da quelle iniziali. Noto nel panorama internazionale, e soprattutto in quello statunitense, per essere stato tra i primi, in seno all’ambiente scientifico, ad aver focalizzato l’attenzione su una serie di sbocchi derivanti dall’aver enfatizzato l’aspetto della complessità della realtà e la conseguente cattiva strutturazione di molti domini di conoscenza, Spiro fa un’analisi chiara dei fattori ai quali attribuire il fallimento dei sistemi di istruzione basati sulle teorie tradizionali e, sulla scorta di un percorso di ricerca lungo e rigoroso, anche se non sempre espresso organicamente, condotto nell’arco degli ultimi trent’anni, individua con lucidità i fattori che potrebbero contribuire a dirimere i nodi problematici che ne derivano. Si delinea, così, una visione dell’apprendimento che non lascia dubbi circa le responsabilità in ordine agli esiti attesi: perché la conoscenza venga impiegata in un gran numero di modi è necessario che essa venga organizzata, insegnata e rappresentata mentalmente in molti modi differenti. La salienza degli esiti della ricerca sulla flessibilità cognitiva condotta da Spiro nell’ambito della Psicologia dell’educazione rispetto a questo studio di taglio marcatamente pedagogico risiede nel fatto che essa ha contribuito efficacemente a delineare alcune caratteristiche di funzionamento del mentale senza la consapevolezza delle quali sembra impossibile poter predisporre un curricolo che assuma, quale coordinata dell'educazione, la sua stessa efficacia in termini di acquisizione, di comprensione e di reale padronanza dei concetti complessi, aspetti sui quali si registra proprio il maggiore fallimento del sistema scolastico. Lungo tale prospettiva interpretativa maturano una serie di riflessioni connesse alla riconfigurazione di alcuni importanti aspetti coinvolti, a vario titolo, nel processo di apprendimento, che verranno, sia pur brevemente, tratteggiati al fine di offrire tutti gli elementi utili per comprendere il carattere profondamente innovativo della teoria proposta dallo studioso e le possibili implicazioni in ambito pedagogico in ordine alle modalità secondo le quali pensare e organizzare la formazione scolastica dalla prospettiva teorica e metodologica tracciata. Si procederà, dunque, delineando un modello che, in aggiunta a quanto evidenziato, tenga presenti le conseguenze derivanti dal considerare la cognizione non solo come un processo di rappresentazione, ma anche come un processo che riconfigurando la situazione interna del soggetto riconfigura contemporaneamente anche la relazione con il suo ambiente circostante, in riferimento al quale il concetto di flessibilità rappresenta con tutta evidenza uno dei dispositivi fondamentali di qualificazione dell’umano e va a costituire un elemento centrale della ricerca in Pedagogia. Ne emerge la descrizione di quello che, sulla base delle evidenze di oggi, si presume sarà il ritratto di una nuova generazione di giovani pensatori e di tecnologie cognitive in grado di rispondere in maniera appropriata alle esigenze della società complessa.

La flessibilità come categoria pedagogica. Ambienti euristici per nuovi pensatori

Ines Giunta
2013-01-01

Abstract

Il fronte speculare di una società che presenta i caratteri della complessità, quale quella in cui viviamo, non può che essere un pensiero capace di “concepire” e di “gestire” siffatta complessità. Tale pensiero, che, come specifica Morin, si connota come complesso esso stesso, pone, quali suoi postulati di base il dinamismo, l’ologrammaticità, le ricorrenze, la retroattività, la dialogicità, l’incompletezza e la flessibilità. Quest’ultima, in particolare, si esplica nell’acquisizione della capacità di transfer, da intendersi sia come capacità di apprendere in contesti nuovi che comportino una rivisitazione in chiave critica delle strutture di conoscenza pregresse, che come utilizzo di conoscenze e di abilità in contesti d’uso diversi da quelli iniziali. Essa soddisfa, inoltre, un’esigenza assurta già ad emergenza culturale: rispondere nell’immediato a situazioni nuove, impreviste e composite con decisioni efficaci ed efficienti. Duttilità alla revisione, alla tra(n)sformazione, alla rimediazione dei significati diventano, così, l’altra faccia della medaglia di un processo di organizzazione delle conoscenze che va concepito come un dinamico gioco di equilibri tra la costruzione di strutture di conoscenza stabili, da un lato, e, specularmente, la decostruzione e la ricostruzione delle stesse lungo nuove coordinate, dall’altro, secondo un movimento che fa seguire ordine a ordine, ma in maniera creativa, innovativa, alter-nativa, che nasce, cioè, da situazioni diverse di utilizzo di una medesima informazione in risposta alle esigenze di contesti d’uso e di elaborazione del pensiero in continuo mutamento, sempre pronti a mettere in discussione ciò che è dato, a ripensarlo altrove, a riproporlo ‘altro’. Intesa, dunque, quale attitudine a interconnettere e a ricontestualizzare, la flessibilità diventa cifra distintiva del pensiero complesso, che è, se non essenzialmente, quantomeno prioritariamente, un pensiero flessibile. Rispetto a tali obiettivi, il concetto di intelligenza si arricchisce di una connotazione nuova: sotto la pressione coattiva dell’urgenza di non soccombere alla complessità, occorre, infatti, ampliare ulteriormente la nozione di adattamento della biologia evolutiva (in riferimento alla quale si traduce esclusivamente nella capacità di disporre di una serie di azioni e di stati per reagire alle difficoltà presentate dall’ambiente) per includere, quali obiettivi imprescindibili per l’uomo, non più solamente, come già assodato, quello di una coerente organizzazione concettuale del mondo per come lo si sperimenta, ma anche quello di una gestione flessibile delle strutture di conoscenza, che consenta al soggetto di appropriarsi dei molteplici livelli di analisi e di spiegazione di uno stesso fenomeno. Scopo del lavoro di ricerca è verificare se, in considerazione delle ‘emergenze’ del tempo storico e del contesto sociale, sia possibile far assurgere la flessibilità a categoria fondamentale di una Pedagogia che riconosca, quale sua finalità prioritaria, quella di fornire al soggetto la ‘strumentazione cognitiva’ adeguata a orientarsi nel mondo complesso. Il volume si offre al lettore, pertanto, quale contributo, sia sotto il profilo metodologico che dell’elaborazione teorica, alla riflessione su questo nuovo versante di indagine della ricerca pedagogica che, alla luce di tali premesse, si trova nella condizione di dovere ripensare criticamente i modi in cui la conoscenza è rappresentata, i processi che su tali rappresentazioni mentali operano e, infine, gli ambienti che consentono che i medesimi aspetti della conoscenza vengano presentati in una varietà di modi e per una varietà di scopi differenti. A tal fine, lo studio illustra, ricostruendone la genesi anche sotto il profilo storico, alcuni aspetti fondanti dell’orientamento teorico generale noto come Teoria della Flessibilità Cognitiva, elaborato da Rand Spiro, il cui scopo precipuo è quello di insegnare la complessità in modo cognitivamente trattabile, preparando gli studenti ad essere pensatori adattivi, flessibili, appunto, anche grazie al supporto di strumenti cognitivi che avviino e facilitino il pensiero critico e il raggiungimento di mete di apprendimento avanzato, quali la padronanza di concetti complessi e la capacità di usare le conoscenze acquisite in situazioni che differiscono da quelle iniziali. Noto nel panorama internazionale, e soprattutto in quello statunitense, per essere stato tra i primi, in seno all’ambiente scientifico, ad aver focalizzato l’attenzione su una serie di sbocchi derivanti dall’aver enfatizzato l’aspetto della complessità della realtà e la conseguente cattiva strutturazione di molti domini di conoscenza, Spiro fa un’analisi chiara dei fattori ai quali attribuire il fallimento dei sistemi di istruzione basati sulle teorie tradizionali e, sulla scorta di un percorso di ricerca lungo e rigoroso, anche se non sempre espresso organicamente, condotto nell’arco degli ultimi trent’anni, individua con lucidità i fattori che potrebbero contribuire a dirimere i nodi problematici che ne derivano. Si delinea, così, una visione dell’apprendimento che non lascia dubbi circa le responsabilità in ordine agli esiti attesi: perché la conoscenza venga impiegata in un gran numero di modi è necessario che essa venga organizzata, insegnata e rappresentata mentalmente in molti modi differenti. La salienza degli esiti della ricerca sulla flessibilità cognitiva condotta da Spiro nell’ambito della Psicologia dell’educazione rispetto a questo studio di taglio marcatamente pedagogico risiede nel fatto che essa ha contribuito efficacemente a delineare alcune caratteristiche di funzionamento del mentale senza la consapevolezza delle quali sembra impossibile poter predisporre un curricolo che assuma, quale coordinata dell'educazione, la sua stessa efficacia in termini di acquisizione, di comprensione e di reale padronanza dei concetti complessi, aspetti sui quali si registra proprio il maggiore fallimento del sistema scolastico. Lungo tale prospettiva interpretativa maturano una serie di riflessioni connesse alla riconfigurazione di alcuni importanti aspetti coinvolti, a vario titolo, nel processo di apprendimento, che verranno, sia pur brevemente, tratteggiati al fine di offrire tutti gli elementi utili per comprendere il carattere profondamente innovativo della teoria proposta dallo studioso e le possibili implicazioni in ambito pedagogico in ordine alle modalità secondo le quali pensare e organizzare la formazione scolastica dalla prospettiva teorica e metodologica tracciata. Si procederà, dunque, delineando un modello che, in aggiunta a quanto evidenziato, tenga presenti le conseguenze derivanti dal considerare la cognizione non solo come un processo di rappresentazione, ma anche come un processo che riconfigurando la situazione interna del soggetto riconfigura contemporaneamente anche la relazione con il suo ambiente circostante, in riferimento al quale il concetto di flessibilità rappresenta con tutta evidenza uno dei dispositivi fondamentali di qualificazione dell’umano e va a costituire un elemento centrale della ricerca in Pedagogia. Ne emerge la descrizione di quello che, sulla base delle evidenze di oggi, si presume sarà il ritratto di una nuova generazione di giovani pensatori e di tecnologie cognitive in grado di rispondere in maniera appropriata alle esigenze della società complessa.
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