Tra il materiale rinvenuto durante i saggi effettuati nel 1980-81 presso il foro di Pompei è emerso un gruppo consistente di lucerne, che costituiscono lo 0,96% della totalità del materiale rinvenuto e circa il 3,5% della ceramica fine. Si tratta nello specifico di circa quattrocento esemplari, nella grande maggioranza dei casi frammentari, provenienti dai saggi e dalle trincee che seguivano la posa dei cavi elettrici nell’area occidentale del Foro. Nonostante alcuni limiti legati alla mancanza di parte di documentazione, limiti che sono già stati altrove espressi, si ritiene che l’edizione di questo materiale possa aprire interessanti spunti. Fra le motivazioni che portarono all’attuazione del progetto di recupero dei materiali ceramici I.E. 1980-81 vi erano infatti sia considerazioni di carattere storico e topografico, connesse alla rilevanza dell’area indagata e alla possibilità di recuperare dati importanti sulle fasi più antiche di frequentazione del centro sacro, politico e commerciale di Pompei, sia considerazioni determinate dalla grande potenzialità informativa dei reperti al fine di apportare nuovi dati per uno studio integrato di paesaggio urbano e contesto socio-economico e culturale. Il corpus del materiale ceramico è infatti significativo dal punto di vista quantitativo ed è assai vario dal punto di vista tipologico, morfologico, funzionale e cronologico, permettendo dunque di monitorare per un ampio arco temporale (dal VI a.C. all’eruzione pliniana) le dinamiche di circolazione del vasellame ceramico. In quest’ottica di studio, che nella fase interpretativa pone una particolare attenzione alle implicazioni socio-economiche, nell’identificazione delle varie produzioni ceramiche non ci si è limitati alla tradizionale, seppur sistematica, analisi macroscopica degli impasti ma si è congiuntamente avviato un progetto di caratterizzazione archeometrica degli impasti, e specialmente di quelli che non trovavano sicuri riscontri nell’edito e che risultavano potenzialmente di grande interesse al fine di apportare nuove informazioni allo studio di produzione e scambio in ambito vesuviano. A tale scopo sono state svolte analisi di caratterizzazione archeometrica su alcuni esemplari, per definire in modo quanto più preciso le aree di produzione di lucerne che per anni sono state ritenute genericamente “di produzione italica” e che oggi possiamo invece definire “di produzione vesuviana” se non addirittura, in taluni casi, “di produzione locale”. Proprio di produzione locale si occupa il presente contributo, volto a offrire una seppur breve visione del quadro emerso dallo studio di un gruppo di lucerne prodotte in loco durante l’età repubblicana.

Nuovi dati sulla produzione locale di lucerne in età repubblicana a Pompei: materiali dagli scavi I.E. (Impianto Elettrico) presso il foro

D. Cottica
;
2019-01-01

Abstract

Tra il materiale rinvenuto durante i saggi effettuati nel 1980-81 presso il foro di Pompei è emerso un gruppo consistente di lucerne, che costituiscono lo 0,96% della totalità del materiale rinvenuto e circa il 3,5% della ceramica fine. Si tratta nello specifico di circa quattrocento esemplari, nella grande maggioranza dei casi frammentari, provenienti dai saggi e dalle trincee che seguivano la posa dei cavi elettrici nell’area occidentale del Foro. Nonostante alcuni limiti legati alla mancanza di parte di documentazione, limiti che sono già stati altrove espressi, si ritiene che l’edizione di questo materiale possa aprire interessanti spunti. Fra le motivazioni che portarono all’attuazione del progetto di recupero dei materiali ceramici I.E. 1980-81 vi erano infatti sia considerazioni di carattere storico e topografico, connesse alla rilevanza dell’area indagata e alla possibilità di recuperare dati importanti sulle fasi più antiche di frequentazione del centro sacro, politico e commerciale di Pompei, sia considerazioni determinate dalla grande potenzialità informativa dei reperti al fine di apportare nuovi dati per uno studio integrato di paesaggio urbano e contesto socio-economico e culturale. Il corpus del materiale ceramico è infatti significativo dal punto di vista quantitativo ed è assai vario dal punto di vista tipologico, morfologico, funzionale e cronologico, permettendo dunque di monitorare per un ampio arco temporale (dal VI a.C. all’eruzione pliniana) le dinamiche di circolazione del vasellame ceramico. In quest’ottica di studio, che nella fase interpretativa pone una particolare attenzione alle implicazioni socio-economiche, nell’identificazione delle varie produzioni ceramiche non ci si è limitati alla tradizionale, seppur sistematica, analisi macroscopica degli impasti ma si è congiuntamente avviato un progetto di caratterizzazione archeometrica degli impasti, e specialmente di quelli che non trovavano sicuri riscontri nell’edito e che risultavano potenzialmente di grande interesse al fine di apportare nuove informazioni allo studio di produzione e scambio in ambito vesuviano. A tale scopo sono state svolte analisi di caratterizzazione archeometrica su alcuni esemplari, per definire in modo quanto più preciso le aree di produzione di lucerne che per anni sono state ritenute genericamente “di produzione italica” e che oggi possiamo invece definire “di produzione vesuviana” se non addirittura, in taluni casi, “di produzione locale”. Proprio di produzione locale si occupa il presente contributo, volto a offrire una seppur breve visione del quadro emerso dallo studio di un gruppo di lucerne prodotte in loco durante l’età repubblicana.
2019
Greek, Roman and Byzantine lamps from the Mediterranean to the Black Sea. Acts from the 5th Lychnological Congress ("LVMEN!", Sibiu, 15th-19th of September, 2015)
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