La passione di San Giorgio data ai primi anni del IV secolo, l’epoca dell’ultima ondata di persecuzioni dei cristiani sotto l’imperatore Diocleziano. Come risulta dalle fonti più antiche San Giorgio è considerato un santo martire e il racconto più antico pervenutoci del suo martirio è contenuto in un manoscritto frammentario composto in un periodo non meglio precisato che va dal 350 al 500 circa. Santo di Cappadocia, il culto del cavaliere che uccise il dragone ha conosciuto un culto tenace, sopravvissuto alle vicende che hanno segnato la storia dei luoghi che ne hanno visto l’origine. Tra questi è particolarmente interessante quanto è occorso nella regione di Antiochia, dove il santo è tutt’oggi oggetto di profonda venerazione sia tra i locali cristiani ortodossi di lingua araba sia tra il variegato panorama delle popolazioni musulmane dell’area. Inoltre, fino a tempi non molto lontani, la comunità ebraica locale, che fiorì nella zona fino alla fine del periodo ottomano e durante il mandato francese della prima metà del XX secolo, tributava anch’essa omaggio alla figura del locale San Giorgio identificato/associato con quella del profeta Elia. L’indagine delle complesse interrelazioni storico-religiose tra queste comunità fanno da sfondo al tema principale di questo libro. Attraverso un approccio che tiene presente il valore della tradizione folclorica, vi si affronta quella che è la pratica del culto locale così come si presenta ai nostri giorni e nelle sue molteplici sfaccettature, nel tentativo di illustrare al meglio quanto lo scambio interculturale ha saputo produrre in una delle regioni del Mediterraneo che già da molti secoli ha dovuto confrontarsi con il problema della convivenza di più religioni.

San Giorgio in Levante. Il culto del santo cavaliere nella regione di Antiochia

Cristoforetti Simone
2020-01-01

Abstract

La passione di San Giorgio data ai primi anni del IV secolo, l’epoca dell’ultima ondata di persecuzioni dei cristiani sotto l’imperatore Diocleziano. Come risulta dalle fonti più antiche San Giorgio è considerato un santo martire e il racconto più antico pervenutoci del suo martirio è contenuto in un manoscritto frammentario composto in un periodo non meglio precisato che va dal 350 al 500 circa. Santo di Cappadocia, il culto del cavaliere che uccise il dragone ha conosciuto un culto tenace, sopravvissuto alle vicende che hanno segnato la storia dei luoghi che ne hanno visto l’origine. Tra questi è particolarmente interessante quanto è occorso nella regione di Antiochia, dove il santo è tutt’oggi oggetto di profonda venerazione sia tra i locali cristiani ortodossi di lingua araba sia tra il variegato panorama delle popolazioni musulmane dell’area. Inoltre, fino a tempi non molto lontani, la comunità ebraica locale, che fiorì nella zona fino alla fine del periodo ottomano e durante il mandato francese della prima metà del XX secolo, tributava anch’essa omaggio alla figura del locale San Giorgio identificato/associato con quella del profeta Elia. L’indagine delle complesse interrelazioni storico-religiose tra queste comunità fanno da sfondo al tema principale di questo libro. Attraverso un approccio che tiene presente il valore della tradizione folclorica, vi si affronta quella che è la pratica del culto locale così come si presenta ai nostri giorni e nelle sue molteplici sfaccettature, nel tentativo di illustrare al meglio quanto lo scambio interculturale ha saputo produrre in una delle regioni del Mediterraneo che già da molti secoli ha dovuto confrontarsi con il problema della convivenza di più religioni.
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