Sempre più spesso chi, navigando nei siti web delle università sia italiane che straniere, riesce a raggiungere la sezione dedicata alle biblioteche (purtroppo spesso assente dai menu principali) non trova più, come prima cosa, un link ben evidenziato al catalogo online, ma una maschera di ricerca ‘alla Google’ che consente di inserire uno o più termini senza né specificare se si riferiscono ad autori, titoli, soggetti o che altro, né collegarli fra loro con gli operatori booleani, ottenendo una lunghissima lista di descrizioni di documenti, dei quali solo talvolta è possibile visualizzare online (a seconda dei propri diritti di accesso) il testo completo oppure localizzarlo presso le collezioni fisiche delle biblioteche di quella università. A tali software, che fanno parte della più ampia famiglia dei cosiddetti web-scale discovery services e che vengono prevalentemente denominati – dopo un iniziale periodo di incertezza – discovery tool (ma c’è ancora chi li chiama, più genericamente, ‘portali’, specificando solo talvolta ‘per la ricerca bibliografica’), e che in certi paesi da qualche anno stanno cominciando a diffondersi anche nelle biblioteche di altre tipologie, Roberto Raieli ha dedicato questo libro – di cui si cominciava a sentire il bisogno – molto chiaro, completo, aggiornato e documentato, nel quale trovano spazio anche considerazioni piuttosto ampie e pertinenti su tematiche collegate come l’open access, il web semantico, i linked data e l’information literacy. Il gradimento dei discovery tool da parte degli utenti è notevole e crescente, tanto da indurre la grande maggioranza delle biblioteche che li adottano a evidenziarli rispetto al tradizionale catalogo online, che talvolta viene addirittura abbandonato, limitandosi magari a offrire un link a un OPAC collettivo cui la biblioteca aderisce.

Sempre più spesso chi, navigando nei siti web delle università sia italiane che straniere, riesce a raggiungere la sezione dedicata alle biblioteche (purtroppo spesso assente dai menu principali) non trova più, come prima cosa, un link ben evidenziato al catalogo online, ma una maschera di ricerca “alla Google” che consente di inserire uno o più termini senza né specificare se si riferiscono ad autori, titoli, soggetti o che altro, né collegarli fra loro con gli operatori booleani, ottenendo una lunghissima lista di descrizioni di documenti, dei quali solo talvolta è possibile visualizzare online (a seconda dei propri diritti di accesso) il testo completo oppure localizzarlo presso le collezioni fisiche delle biblioteche di quella università. A tali software, che fanno parte della più ampia famiglia dei cosiddetti web-scale discovery services e che vengono prevalentemente denominati "discovery tools" (ma c’è ancora chi li chiama, più genericamente, “portali”, specificando solo talvolta “per la ricerca bibliografica”), e che in certi paesi da qualche anno stanno cominciando a diffondersi anche nelle biblioteche di altre tipologie, Roberto Raieli ha dedicato questo libro — di cui si cominciava a sentire il bisogno — molto chiaro, completo, aggiornato e documentato, nel quale trovano spazio anche considerazioni piuttosto ampie e pertinenti su tematiche collegate come l’open access, il web semantico, i linked data e l’information literacy.

Prefazione

Riccardo Ridi
2020-01-01

Abstract

Sempre più spesso chi, navigando nei siti web delle università sia italiane che straniere, riesce a raggiungere la sezione dedicata alle biblioteche (purtroppo spesso assente dai menu principali) non trova più, come prima cosa, un link ben evidenziato al catalogo online, ma una maschera di ricerca “alla Google” che consente di inserire uno o più termini senza né specificare se si riferiscono ad autori, titoli, soggetti o che altro, né collegarli fra loro con gli operatori booleani, ottenendo una lunghissima lista di descrizioni di documenti, dei quali solo talvolta è possibile visualizzare online (a seconda dei propri diritti di accesso) il testo completo oppure localizzarlo presso le collezioni fisiche delle biblioteche di quella università. A tali software, che fanno parte della più ampia famiglia dei cosiddetti web-scale discovery services e che vengono prevalentemente denominati "discovery tools" (ma c’è ancora chi li chiama, più genericamente, “portali”, specificando solo talvolta “per la ricerca bibliografica”), e che in certi paesi da qualche anno stanno cominciando a diffondersi anche nelle biblioteche di altre tipologie, Roberto Raieli ha dedicato questo libro — di cui si cominciava a sentire il bisogno — molto chiaro, completo, aggiornato e documentato, nel quale trovano spazio anche considerazioni piuttosto ampie e pertinenti su tematiche collegate come l’open access, il web semantico, i linked data e l’information literacy.
2020
Web-scale discovery services. Principi, applicazioni e ipotesi di sviluppo
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