Il lavoro nel settore del turismo è il tema generale di questo studio. Un tema che, come evidenziato da diversi autori (Britton 1991; Della Corte e Caputo 2008; Bianchi 2009; Zampoukos & Ioannides 2011), solo nell’ultimo ventennio, al di là di poche eccezioni, è riemerso dall’oblio ed ha assunto lineamenti meno sfuocati ed acritici rispetto alle analisi prevalenti di matrice aziendalista. D’altra parte, nonostante la complessa rete della produzione dei servizi turistici sia ad alta intensità di lavoro, e malgrado diverse fonti attestino che la maggior parte dell’occupazione è segnata da precarietà e alti margini di sfruttamento, in diversi rapporti statistici sul turismo la voce occupazione e condizioni di vita e di lavoro è spesso assente; e quando raramente compare si limita ai dati quantitativi. Vale la pena notare che, già nel 1991, Steve Britton, sottolineava la necessità di considerare il settore turistico come un’industria capitalistica destinata a diventare centrale; e suggeriva di ‘prendere sul serio l’industria del turismo’, fatta di sfruttamento del lavoro nero o precario, di periodicità stagionale e altamente flessibile, tale da assicurare al capitalista un assoluto comando sul lavoro. Alcuni autori spiegano il perdurare di questa omissione come conseguenza della dicotomizzazione degli studi sul turismo; al prevalere delle ricerche di stampo aziendalista, orientate al mercato; alla marginalità delle analisi sociologiche, di geografia, o di antropologia culturale - alle quali va il merito di aver fatto luce sulle dimensioni socio-culturali dei dispositivi di comando nel settore turistico, tralasciandone però gli aspetti materiali e produttivi; nonché la collocazione nei processi di accumulazione (Harvey 2013). Diversi studi hanno evidenziato come le condizioni di lavoro nell’industria turistica (Britton 1991) si discostino di parecchio dalla retorica delle relazioni industriali moderne presentando, invece, tratti simili ai rapporti di lavoro servile, tipico della fase originaria dello sviluppo capitalistico, benché inserita in un’avanzata organizzazione a rete della produzione postfordista di servizi e di merci esperienziali1. Il nostro contributo è teso ad interrogare questa “nuova formazione economica” (Gibson 2011), con l’obiettivo di descrivere – a partire dalle testimonianze di chi vi lavora – quali tipi di occupazione, relazioni industriali e condizioni di lavoro, nonché forme di resistenza, boicottaggio, assenteismo, siano coinvolte nell’attuale sviluppo dell’industria del turismo – in particolare riguardo a quelle aree dell’Europa mediterranea (e ai paesi definiti con l’acronimo PIGS) le cui economie risultano più esposte agli effetti negativi della crisi globale contemporanea. In questo quadro, il nostro “incipit” è: considerando la situazione generale di precarietà e flessibilità in diversi settori produttivi cruciali, in Italia e più in generale in Europa, e tenendo conto dell’elevato livello di disoccupazione registrato negli ultimi anni, di che tipo di occupazione parlano i governi (europei, nazionali e regionali) quando la loro attenzione è rivolta al settore del turismo? Lo studio si articola in tre sezioni. Nella prima parte si discute la necessità di un’analisi critica dei discorsi e della governance pubblica relativi allo sviluppo del settore. Infatti, l’approccio delle istituzioni verso il settore turistico appare fondamentalmente dominato da una prospettiva di politica industriale, che vede il turismo come settore chiave per affrontare la crisi generale (finanziaria, economica, ambientale) e le sue conseguenze2. La seconda riguarda, invece, le industrie turistiche al lavoro, considerando come punto di partenza comune la loro temporalità stagionale, con altissimi livelli di flessibilità, in termini di impiego, tempi di lavoro, ecc. L’analisi è dedicata alla ricostruzione dei tipi di impieghi, delle relazioni industriali e delle condizioni di lavoro tipiche del settore, attraverso i dati disponibili e le esperienze di chi vi lavora. Infine, nella parte conclusiva, tentiamo di ricostruire, nel contesto italiano, il conflitto sociale nell’industria del turismo “al lavoro”; prendendo in esame alcune recenti mobilitazioni locali contro lo sfruttamento del lavoro e cercando di disegnare una “road map” delle lotte nel settore.

L'imperitivo neoliberale del turismo

Iannuzzi Francesco Eugenio
2016-01-01

Abstract

Il lavoro nel settore del turismo è il tema generale di questo studio. Un tema che, come evidenziato da diversi autori (Britton 1991; Della Corte e Caputo 2008; Bianchi 2009; Zampoukos & Ioannides 2011), solo nell’ultimo ventennio, al di là di poche eccezioni, è riemerso dall’oblio ed ha assunto lineamenti meno sfuocati ed acritici rispetto alle analisi prevalenti di matrice aziendalista. D’altra parte, nonostante la complessa rete della produzione dei servizi turistici sia ad alta intensità di lavoro, e malgrado diverse fonti attestino che la maggior parte dell’occupazione è segnata da precarietà e alti margini di sfruttamento, in diversi rapporti statistici sul turismo la voce occupazione e condizioni di vita e di lavoro è spesso assente; e quando raramente compare si limita ai dati quantitativi. Vale la pena notare che, già nel 1991, Steve Britton, sottolineava la necessità di considerare il settore turistico come un’industria capitalistica destinata a diventare centrale; e suggeriva di ‘prendere sul serio l’industria del turismo’, fatta di sfruttamento del lavoro nero o precario, di periodicità stagionale e altamente flessibile, tale da assicurare al capitalista un assoluto comando sul lavoro. Alcuni autori spiegano il perdurare di questa omissione come conseguenza della dicotomizzazione degli studi sul turismo; al prevalere delle ricerche di stampo aziendalista, orientate al mercato; alla marginalità delle analisi sociologiche, di geografia, o di antropologia culturale - alle quali va il merito di aver fatto luce sulle dimensioni socio-culturali dei dispositivi di comando nel settore turistico, tralasciandone però gli aspetti materiali e produttivi; nonché la collocazione nei processi di accumulazione (Harvey 2013). Diversi studi hanno evidenziato come le condizioni di lavoro nell’industria turistica (Britton 1991) si discostino di parecchio dalla retorica delle relazioni industriali moderne presentando, invece, tratti simili ai rapporti di lavoro servile, tipico della fase originaria dello sviluppo capitalistico, benché inserita in un’avanzata organizzazione a rete della produzione postfordista di servizi e di merci esperienziali1. Il nostro contributo è teso ad interrogare questa “nuova formazione economica” (Gibson 2011), con l’obiettivo di descrivere – a partire dalle testimonianze di chi vi lavora – quali tipi di occupazione, relazioni industriali e condizioni di lavoro, nonché forme di resistenza, boicottaggio, assenteismo, siano coinvolte nell’attuale sviluppo dell’industria del turismo – in particolare riguardo a quelle aree dell’Europa mediterranea (e ai paesi definiti con l’acronimo PIGS) le cui economie risultano più esposte agli effetti negativi della crisi globale contemporanea. In questo quadro, il nostro “incipit” è: considerando la situazione generale di precarietà e flessibilità in diversi settori produttivi cruciali, in Italia e più in generale in Europa, e tenendo conto dell’elevato livello di disoccupazione registrato negli ultimi anni, di che tipo di occupazione parlano i governi (europei, nazionali e regionali) quando la loro attenzione è rivolta al settore del turismo? Lo studio si articola in tre sezioni. Nella prima parte si discute la necessità di un’analisi critica dei discorsi e della governance pubblica relativi allo sviluppo del settore. Infatti, l’approccio delle istituzioni verso il settore turistico appare fondamentalmente dominato da una prospettiva di politica industriale, che vede il turismo come settore chiave per affrontare la crisi generale (finanziaria, economica, ambientale) e le sue conseguenze2. La seconda riguarda, invece, le industrie turistiche al lavoro, considerando come punto di partenza comune la loro temporalità stagionale, con altissimi livelli di flessibilità, in termini di impiego, tempi di lavoro, ecc. L’analisi è dedicata alla ricostruzione dei tipi di impieghi, delle relazioni industriali e delle condizioni di lavoro tipiche del settore, attraverso i dati disponibili e le esperienze di chi vi lavora. Infine, nella parte conclusiva, tentiamo di ricostruire, nel contesto italiano, il conflitto sociale nell’industria del turismo “al lavoro”; prendendo in esame alcune recenti mobilitazioni locali contro lo sfruttamento del lavoro e cercando di disegnare una “road map” delle lotte nel settore.
2016
Turismo e qualità della vita. Buone e cattive pratiche
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