Dai dati Inapp-Plus emerge che durante la fase più acuta della pandemia quasi 9 milioni di occupati hanno lavorato da remoto, molti per la prima volta. Il lavoro da remoto emergenziale ha visto nel 2021 oltre 7,2 milioni di lavoratori coinvolti (il 32,5%) di cui il 61% ha lavorato a distanza tre o più giorni a settimana. Il presente contributo fa luce sull’esperienza di lavoro agile evidenziando le modalità organizzative introdotte, gli strumenti utilizzati per svolgere le attività da remoto e i relativi sistemi di monitoraggio, operando una prima distinzione tra settore pubblico e privato. L’analisi considera anche l’autonomia nella scelta dei tempi di lavoro e le modalità di gestione della connessione e delle pause, nonché la potenziale estensione delle attività realizzabili a distanza nelle organizzazioni più tradizionali. Emerge che il lavoro da remoto, seppur realizzato in contesti organizzativi e tecnologici a volte impreparati, è stato una esperienza positiva, un’occasione per ripensare i luoghi di vita e di lavoro, con implicazioni rilevanti sul futuro delle città e dei territori. Si osserva, infatti, una accentuata propensione al cambiamento, ma determinante in tal senso è la stabilità del lavoro agile nelle organizzazioni che, se garantita, farebbe spostare un terzo degli occupati in un piccolo centro e 4 su 10 in un luogo isolato a contatto con la natura.

Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori

Rosita Zucaro
2022-01-01

Abstract

Dai dati Inapp-Plus emerge che durante la fase più acuta della pandemia quasi 9 milioni di occupati hanno lavorato da remoto, molti per la prima volta. Il lavoro da remoto emergenziale ha visto nel 2021 oltre 7,2 milioni di lavoratori coinvolti (il 32,5%) di cui il 61% ha lavorato a distanza tre o più giorni a settimana. Il presente contributo fa luce sull’esperienza di lavoro agile evidenziando le modalità organizzative introdotte, gli strumenti utilizzati per svolgere le attività da remoto e i relativi sistemi di monitoraggio, operando una prima distinzione tra settore pubblico e privato. L’analisi considera anche l’autonomia nella scelta dei tempi di lavoro e le modalità di gestione della connessione e delle pause, nonché la potenziale estensione delle attività realizzabili a distanza nelle organizzazioni più tradizionali. Emerge che il lavoro da remoto, seppur realizzato in contesti organizzativi e tecnologici a volte impreparati, è stato una esperienza positiva, un’occasione per ripensare i luoghi di vita e di lavoro, con implicazioni rilevanti sul futuro delle città e dei territori. Si osserva, infatti, una accentuata propensione al cambiamento, ma determinante in tal senso è la stabilità del lavoro agile nelle organizzazioni che, se garantita, farebbe spostare un terzo degli occupati in un piccolo centro e 4 su 10 in un luogo isolato a contatto con la natura.
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