Vengono esaminati alcuni aspetti dell’atteggiamento di Toniolo verso i fermenti riformistici in campo religioso, condannati come modernismo durante il pontificato di Pio X. Toniolo fu un convinto assertore della necessità di restaurare l’«ordine sociale cristiano», in piena corrispondenza con i progetti di Leone XIII, per la realizzazione di una società ierocratica, sottoposta alla guida direttiva del romano pontefice, che proprio negli anni di Pecci aveva saputo dare corso alla modernizzazione dell’istituzione ecclesiastica. Toniolo considerava che la formulazione di una nuova apologetica, aggiornata dal punto di vista scientifico, costituisse un problema essenziale. Questo programma a suo avviso aveva però come preoccupante risvolto lo sviluppo di correnti di pensiero non del tutto conformi con la dottrina cattolica, per le influenze esercitate dal razionalismo di matrice protestante. Verso la fine del pontificato leonino l’allarme del sociologo di origine veneta non sembra inferiore a quello che caratterizzava i vertici della Chiesa romana, ma in quel momento le modalità di intervento suggerite da Toniolo prospettavano prevalentemente il ricorso alla persuasione e a una formazione consona con i capisaldi della dottrina cattolica. Non che egli ritenesse meno preoccupanti gli orientamenti «moderni» di parte degli studiosi più giovani, ma probabilmente era convinto che censure e condanne avrebbero radicalizzato lo scontro e con ciò aggravato il problema. I contatti con il nuovo pontefice Pio X lo resero ancora più avvertito nei confronti dei fermenti modernistici, di cui colse soprattutto la matrice kantiana. La crisi dell’Opera dei Congressi, che indusse la Santa Sede a scioglierla nell’estate 1904, lo spinse a dedicare le sue energie per la ricostruzione dell’associazionismo cattolico laicale secondo gli orientamenti e le direttive indicati da Pio X, anche per arginare la deriva, soprattutto dei gruppi giovanili, verso le posizioni democratico-cristiane autonomiste, senza tuttavia smettere di marcare le distanze dai metodi e dai toni dell’ala intransigente più conservatrice come già aveva fatto negli ultimi anni di Leone XIII. Ma pure in quel contesto rimase elevata la sua attenzione contro la diffusione delle teorie razionalistiche, che continuava a reputare di derivazione protestante. Anzi, i due piani vennero esplicitamente raccordati da Toniolo. Nel clima sempre più teso della crisi modernista, il rilancio dell’impegno sociale dei cattolici italiani nella piena fedeltà agli insegnamenti dottrinali della Chiesa, ma secondo un’ottica che implicava uno sforzo di modernizzazione, anche se speculare alle posizioni autonomistiche di Murri, fu accusato dagli ambienti più conservatori di cedimenti agli orientamenti democratici anche in campo teologico. Ad alimentare sospetti nei confronti di Toniolo si aggiunsero altre due questioni, una di tipo generale sul programma da assegnare all’impegno sociale dei cattolici italiani, un’altra legata al sacerdote vicentino Attilio Caldana, stimato da Toniolo, ma considerato modernista da Pio X. Negli anni più critici della crisi modernista Toniolo risulta votato alla fedeltà verso le indicazioni papali, fautore della necessità di realizzare un programma democratico cristiano sul piano sociale, entro i limiti indicati a suo tempo da Leone XIII, attivo riservatamente nel sollecitare interventi della S. Sede contro il riformismo religioso, ma impegnato a difendere dalle accuse alcuni fautori dell’impegno culturale e sociale accusati di modernismo. In particolare mise in contatto il domenicano Albert Maria Weiß con Pio X, in modo tale che a Sarto furono forniti, anche dallo stesso Toniolo, diversi contributi critici sulla situazione del cattolicesimo. Essi costituirono di fatto le basi della futura enciclica Pascendi dominici gregis con la quale Pio X condannò il modernismo nel settembre 1907. L’adesione ai contenuti della Pascendi divenne anche per Toniolo un criterio per verificare l’integrità dottrinale dei cattolici. Anche negli anni più duri della repressione antimodernista non mancò qualche intervento di Toniolo volto a difendere persone di sua fiducia dai sospetti da cui erano colpite. Ma fino al termine del pontificato di Pio X Toniolo risulta attivo nelle informazioni alla Santa Sede dei fermenti riformistico-religiosi. E anche durante la guerra si mostra saldamente legato ai principi del cattolicesimo intransigente e all’ideologia di cristianità, che affidavano al solo cattolicesimo romano la possibilità di fondare il consorzio civile.

Toniolo e il modernismo

VIAN, Giovanni
2014-01-01

Abstract

Vengono esaminati alcuni aspetti dell’atteggiamento di Toniolo verso i fermenti riformistici in campo religioso, condannati come modernismo durante il pontificato di Pio X. Toniolo fu un convinto assertore della necessità di restaurare l’«ordine sociale cristiano», in piena corrispondenza con i progetti di Leone XIII, per la realizzazione di una società ierocratica, sottoposta alla guida direttiva del romano pontefice, che proprio negli anni di Pecci aveva saputo dare corso alla modernizzazione dell’istituzione ecclesiastica. Toniolo considerava che la formulazione di una nuova apologetica, aggiornata dal punto di vista scientifico, costituisse un problema essenziale. Questo programma a suo avviso aveva però come preoccupante risvolto lo sviluppo di correnti di pensiero non del tutto conformi con la dottrina cattolica, per le influenze esercitate dal razionalismo di matrice protestante. Verso la fine del pontificato leonino l’allarme del sociologo di origine veneta non sembra inferiore a quello che caratterizzava i vertici della Chiesa romana, ma in quel momento le modalità di intervento suggerite da Toniolo prospettavano prevalentemente il ricorso alla persuasione e a una formazione consona con i capisaldi della dottrina cattolica. Non che egli ritenesse meno preoccupanti gli orientamenti «moderni» di parte degli studiosi più giovani, ma probabilmente era convinto che censure e condanne avrebbero radicalizzato lo scontro e con ciò aggravato il problema. I contatti con il nuovo pontefice Pio X lo resero ancora più avvertito nei confronti dei fermenti modernistici, di cui colse soprattutto la matrice kantiana. La crisi dell’Opera dei Congressi, che indusse la Santa Sede a scioglierla nell’estate 1904, lo spinse a dedicare le sue energie per la ricostruzione dell’associazionismo cattolico laicale secondo gli orientamenti e le direttive indicati da Pio X, anche per arginare la deriva, soprattutto dei gruppi giovanili, verso le posizioni democratico-cristiane autonomiste, senza tuttavia smettere di marcare le distanze dai metodi e dai toni dell’ala intransigente più conservatrice come già aveva fatto negli ultimi anni di Leone XIII. Ma pure in quel contesto rimase elevata la sua attenzione contro la diffusione delle teorie razionalistiche, che continuava a reputare di derivazione protestante. Anzi, i due piani vennero esplicitamente raccordati da Toniolo. Nel clima sempre più teso della crisi modernista, il rilancio dell’impegno sociale dei cattolici italiani nella piena fedeltà agli insegnamenti dottrinali della Chiesa, ma secondo un’ottica che implicava uno sforzo di modernizzazione, anche se speculare alle posizioni autonomistiche di Murri, fu accusato dagli ambienti più conservatori di cedimenti agli orientamenti democratici anche in campo teologico. Ad alimentare sospetti nei confronti di Toniolo si aggiunsero altre due questioni, una di tipo generale sul programma da assegnare all’impegno sociale dei cattolici italiani, un’altra legata al sacerdote vicentino Attilio Caldana, stimato da Toniolo, ma considerato modernista da Pio X. Negli anni più critici della crisi modernista Toniolo risulta votato alla fedeltà verso le indicazioni papali, fautore della necessità di realizzare un programma democratico cristiano sul piano sociale, entro i limiti indicati a suo tempo da Leone XIII, attivo riservatamente nel sollecitare interventi della S. Sede contro il riformismo religioso, ma impegnato a difendere dalle accuse alcuni fautori dell’impegno culturale e sociale accusati di modernismo. In particolare mise in contatto il domenicano Albert Maria Weiß con Pio X, in modo tale che a Sarto furono forniti, anche dallo stesso Toniolo, diversi contributi critici sulla situazione del cattolicesimo. Essi costituirono di fatto le basi della futura enciclica Pascendi dominici gregis con la quale Pio X condannò il modernismo nel settembre 1907. L’adesione ai contenuti della Pascendi divenne anche per Toniolo un criterio per verificare l’integrità dottrinale dei cattolici. Anche negli anni più duri della repressione antimodernista non mancò qualche intervento di Toniolo volto a difendere persone di sua fiducia dai sospetti da cui erano colpite. Ma fino al termine del pontificato di Pio X Toniolo risulta attivo nelle informazioni alla Santa Sede dei fermenti riformistico-religiosi. E anche durante la guerra si mostra saldamente legato ai principi del cattolicesimo intransigente e all’ideologia di cristianità, che affidavano al solo cattolicesimo romano la possibilità di fondare il consorzio civile.
2014
69
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