Nello spazio immateriale della polis del V secolo a.C., spazio necessario al realizzarsi di una vita veramente umana, si consuma il dramma di una donna, Antigone, che, violando il decreto del re di Tebe, Creonte, di lasciare insepolto il cadavere di suo fratello Polinice, realizza la sua apparizione nella sfera pubblica e il superamento di quella marginalità storicamente determinata cui era condannata. Nella partecipazione attiva che prende corpo attraverso le sue azioni e le sue parole si afferma una nozione di vita in continua tensione con la storia e la politica. L’autrice ricostruisce il mondo imploso in cui agisce Antigone, la sorella Ismene e il potere politico incarnato nella figura di Creonte e ne propone una lettura in cui il lutto familiare fa da antefatto al più grande problema della giustizia e della legge e a come deve essere edificata una società umana. Il che significa che è in gioco anche la liberazione del pensiero che può pensare un nuovo ordine del mondo in cui ogni esclusione è bandita in nome di una rinnovata fratellanza. È così che Antigone diventa emblema dei rifiutati, dei diseredati, degli emarginati e di tutti coloro che non hanno “uno statuto ontologico” ben definito nella nostra società e, dunque, una pensatrice del politico inteso come spazio in cerca di una forma che vada oltre il legame sociale e oltre un’uguaglianza semplicemente giuridica.

Antigone e il legame di fratellanza

Mitrano, Mena
In corso di stampa

Abstract

Nello spazio immateriale della polis del V secolo a.C., spazio necessario al realizzarsi di una vita veramente umana, si consuma il dramma di una donna, Antigone, che, violando il decreto del re di Tebe, Creonte, di lasciare insepolto il cadavere di suo fratello Polinice, realizza la sua apparizione nella sfera pubblica e il superamento di quella marginalità storicamente determinata cui era condannata. Nella partecipazione attiva che prende corpo attraverso le sue azioni e le sue parole si afferma una nozione di vita in continua tensione con la storia e la politica. L’autrice ricostruisce il mondo imploso in cui agisce Antigone, la sorella Ismene e il potere politico incarnato nella figura di Creonte e ne propone una lettura in cui il lutto familiare fa da antefatto al più grande problema della giustizia e della legge e a come deve essere edificata una società umana. Il che significa che è in gioco anche la liberazione del pensiero che può pensare un nuovo ordine del mondo in cui ogni esclusione è bandita in nome di una rinnovata fratellanza. È così che Antigone diventa emblema dei rifiutati, dei diseredati, degli emarginati e di tutti coloro che non hanno “uno statuto ontologico” ben definito nella nostra società e, dunque, una pensatrice del politico inteso come spazio in cerca di una forma che vada oltre il legame sociale e oltre un’uguaglianza semplicemente giuridica.
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