Il saggio esamina diversi tipi di scrittura epistolare praticati da autrici del Cinquecento, sullo sfondo della progressiva affermazione del genere seguita alla pubblicazione delle “Lettere” di Pietro Aretino (1538), che modificano lo statuto della lettera da scrittura eminentemente privata a strumento di comunicazione ed auto-rappresentazione pubblica. Dopo aver ripercorso le tappe fondamentali dell’edizione a stampa di lettere di donne nel corso del secolo, il saggio si sofferma su tre casi-studio: Veronica Gambara, Gaspara Stampa e Chiara Matraini. Scrivere lettere è ancora un fatto solo di natura privata per Veronica Gambara, che però già usa il mezzo epistolare per far conoscere la propria poesia (come dimostra ad esempio la corrispondenza con Bembo e Aretino) e per affermare il proprio ruolo di autrice. Di Gaspara Stampa si conosce un’unica lettera, retoricamente molto elaborata e premessa all’edizione delle sue “Rime” (1554), con cui la poetessa sembra rivolgersi, oltre che al destinatario reale (Collaltino di Collalto), all’intero pubblico dei lettori. Le “Rime” contengono inoltre alcuni capitoli in terzine che mostrano come l’autrice aderisca all’uso del metro ternario per la stesura di lettere in versi di contenuto amoroso e tono elegiaco, secondo una prassi consolidatasi tra Quattro e Cinquecento. La Matraini, infine, ripubblicando le sue “Rime e lettere” (1597) a quarant’anni di distanza dalla prima edizione, premette all’opera una lettera auto-esegetica di commento ad un proprio sonetto con cui spiega al lettore il percorso di revisione in senso spirituale operato sulla sua raccolta. In tutti questi casi, le autrici mostrano di usare consapevolmente le possibilità offerte dalla scrittura epistolare per rappresentare se stesse e rivendicare la propria autorevolezza intellettuale.

Per una tipologia della scrittura epistolare nel Cinquecento: un percorso da Veronica Gambara a Chiara Matraini

ANDREANI V
2021-01-01

Abstract

Il saggio esamina diversi tipi di scrittura epistolare praticati da autrici del Cinquecento, sullo sfondo della progressiva affermazione del genere seguita alla pubblicazione delle “Lettere” di Pietro Aretino (1538), che modificano lo statuto della lettera da scrittura eminentemente privata a strumento di comunicazione ed auto-rappresentazione pubblica. Dopo aver ripercorso le tappe fondamentali dell’edizione a stampa di lettere di donne nel corso del secolo, il saggio si sofferma su tre casi-studio: Veronica Gambara, Gaspara Stampa e Chiara Matraini. Scrivere lettere è ancora un fatto solo di natura privata per Veronica Gambara, che però già usa il mezzo epistolare per far conoscere la propria poesia (come dimostra ad esempio la corrispondenza con Bembo e Aretino) e per affermare il proprio ruolo di autrice. Di Gaspara Stampa si conosce un’unica lettera, retoricamente molto elaborata e premessa all’edizione delle sue “Rime” (1554), con cui la poetessa sembra rivolgersi, oltre che al destinatario reale (Collaltino di Collalto), all’intero pubblico dei lettori. Le “Rime” contengono inoltre alcuni capitoli in terzine che mostrano come l’autrice aderisca all’uso del metro ternario per la stesura di lettere in versi di contenuto amoroso e tono elegiaco, secondo una prassi consolidatasi tra Quattro e Cinquecento. La Matraini, infine, ripubblicando le sue “Rime e lettere” (1597) a quarant’anni di distanza dalla prima edizione, premette all’opera una lettera auto-esegetica di commento ad un proprio sonetto con cui spiega al lettore il percorso di revisione in senso spirituale operato sulla sua raccolta. In tutti questi casi, le autrici mostrano di usare consapevolmente le possibilità offerte dalla scrittura epistolare per rappresentare se stesse e rivendicare la propria autorevolezza intellettuale.
2021
La lettera italiana tra paratesto e testo letterario dal Trecento a oggi
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