Emanuelle nera è una delle serie erotiche più significative del cinema popolare italiano degli anni Settanta. Ha come protagonista una giovane fotoreporter americana di colore che usa la propria avvenenza e la propria disinibita curiosità sessuale per realizzare scoop giornalistici e per intrecciare relazioni carnali e talvolta sentimentali con uomini e donne che appartengono alla propria (raffinata) cerchia di conoscenze. La sua professione è, in realtà, uno straordinario volano odeporico. Tra il 1975 e il 1983 la bella e svelata Emanuelle compie una sorta di giro del mondo in otto film, viaggiando dai Caraibi all’Amazzonia, dalla Thailandia ad Honk Kong, da Venezia a New York, alle prese con trafficanti d’armi, tribù di cannibali, organizzazioni criminali che schiavizzano giovani donne, principi che pianificano colpi di stato, crudeli carcerieri, approfittando di queste esperienze, come il filone soft pornografico impone, per sperimentare (o assistere a) ogni tipo di accoppiamento, comprese pratiche orgiastiche, zoofilia, tantrismo, sadomasochismo, e così via. A differenza di quanto si potrebbe supporre da questa descrizione, la serie non si accontenta di solleticare il voyeurismo e la libido di spettatori in cerca di fantasie sessuali, ma mette a terra anche questioni che riguardano una organizzazione discorsiva più estesa sia in senso orizzontale (ovvero per disseminazione di temi e questioni su larga scala), sia in senso verticale (ovvero per carotaggi e approfondimenti tematici in chiave più profonda e radicale). Più precisamente gli elementi che rendono Emanuelle nera di interesse per la ponderazione critica riguardano (almeno) tre aspetti tra loro intrecciati: 1) una struttura produttiva e culturale di tipo frattale che costituisce una sorta di universo narrativo e iconografico poroso e indeterminato; 2) una convocazione complessa delle questioni del colonialismo, dell’orientalismo e degli stereotipi di genere (nei suoi possibili ribaltamenti o conferme) a partire dalla scelta del colore della pelle della protagonista; 3) una caratterizzazione professionale che comporta una incandescenza problematica del (fe)male gaze, anche nelle dinamiche proto-attive di sguardo incarnato e/o di mediatizzazione del corpo. Questi tre punti saranno sondati in questo breve saggio inserito all'interno dello speciale "Sesso e volentieri. Storie e forme dell'erotismo nel cinema italiano"

Esotismi ed esterofilie

Marco Dalla Gassa
2022-01-01

Abstract

Emanuelle nera è una delle serie erotiche più significative del cinema popolare italiano degli anni Settanta. Ha come protagonista una giovane fotoreporter americana di colore che usa la propria avvenenza e la propria disinibita curiosità sessuale per realizzare scoop giornalistici e per intrecciare relazioni carnali e talvolta sentimentali con uomini e donne che appartengono alla propria (raffinata) cerchia di conoscenze. La sua professione è, in realtà, uno straordinario volano odeporico. Tra il 1975 e il 1983 la bella e svelata Emanuelle compie una sorta di giro del mondo in otto film, viaggiando dai Caraibi all’Amazzonia, dalla Thailandia ad Honk Kong, da Venezia a New York, alle prese con trafficanti d’armi, tribù di cannibali, organizzazioni criminali che schiavizzano giovani donne, principi che pianificano colpi di stato, crudeli carcerieri, approfittando di queste esperienze, come il filone soft pornografico impone, per sperimentare (o assistere a) ogni tipo di accoppiamento, comprese pratiche orgiastiche, zoofilia, tantrismo, sadomasochismo, e così via. A differenza di quanto si potrebbe supporre da questa descrizione, la serie non si accontenta di solleticare il voyeurismo e la libido di spettatori in cerca di fantasie sessuali, ma mette a terra anche questioni che riguardano una organizzazione discorsiva più estesa sia in senso orizzontale (ovvero per disseminazione di temi e questioni su larga scala), sia in senso verticale (ovvero per carotaggi e approfondimenti tematici in chiave più profonda e radicale). Più precisamente gli elementi che rendono Emanuelle nera di interesse per la ponderazione critica riguardano (almeno) tre aspetti tra loro intrecciati: 1) una struttura produttiva e culturale di tipo frattale che costituisce una sorta di universo narrativo e iconografico poroso e indeterminato; 2) una convocazione complessa delle questioni del colonialismo, dell’orientalismo e degli stereotipi di genere (nei suoi possibili ribaltamenti o conferme) a partire dalla scelta del colore della pelle della protagonista; 3) una caratterizzazione professionale che comporta una incandescenza problematica del (fe)male gaze, anche nelle dinamiche proto-attive di sguardo incarnato e/o di mediatizzazione del corpo. Questi tre punti saranno sondati in questo breve saggio inserito all'interno dello speciale "Sesso e volentieri. Storie e forme dell'erotismo nel cinema italiano"
2022
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